Il
Ministero della Pubblica (D)Istruzione sta attuando delle manovre
che, a dire dei nostri politici, dovrebbero portare le scuole
pubbliche italiane allo stesso livello di quelle del resto d’Europa,
ma il cui risultato effettivo è solo un’ennesima serie di tagli su
tagli che affossano sempre più la situazione italiana in ambito
“Istruzione Pubblica”. E se, da una parte, siamo abituati alle
lamentele, più che giuste, della classe studentesca, che si vede
privata di tantissimi diritti, dobbiamo anche osservare quello che il
nostro Governo Tecnico ha in serbo per un’altra categoria: gli
insegnanti. Ecco quindi che il Giovan8 è entrato nel locale Liceo
Classico ed ha intervistato due docenti, l’una precaria, l’altra
fissa, per avere più informazioni riguardo l’effetto delle riforme
nella vita quotidiana dei professori. Un esempio? L’aumento
dell’orario di servizio da 18 a 24 ore. Cosa accada nel dettaglio
ce lo spiega la prof.ssa M.
Prof.
M.: << Diciamo che per la mia materia, latino e greco, in
questo momento non ci sono stati grandi cambiamenti, per me che sono
di ruolo e che sono in una scuola dove sono abbastanza alta in
graduatoria. Però tanti colleghi precari non hanno più avuto le
supplenze e quindi alcuni che avevano idea di lavorare sul sostegno
sono passati a fare le supplenze di sostegno invece che per esempio
per latino e greco. Altri classi di concorso, per esempio di diritto
che è stato eliminato dai licei per la riforma hanno perso posto
quindi colleghi di ruolo da tanti anni che hanno 2 o 3 scuole. Quindi
diciamo che dal punto di vista dei colleghi ci sono stati parecchi
disagi, dal punto di vista dei ragazzi apparentemente ancora le cose
funzionano. Però avete visto anche voi, questo cambio di insegnanti
anche di ruolo all’interno della stessa scuola dipendono
dall’aumento dell’orari. È una cosa un po’ tecnica: dal
provveditorato arrivano le divisioni delle classi, delle ore per ogni
insegnante, quindi la scuola non ha più la possibilità di giostrare
le 18 ore dei docenti frontali in diverse classi. Quindi a volte,
anche essendo di ruolo, si perde la continuità didattica dentro la
stessa scuola; cioè non è più un problema del precario che ha solo
un anno, ma che il preside gestisce le risorse per come gli viene
imposto dall’alto. E sono tutte scelte che non hanno a che fare con
la didattica, sono scelte economiche, sono scelte per risparmiare.
Quest’anno abbiamo fatto i recuperi estivi accorpando le prime e
seconde classi perché non c’erano abbastanza soldi per garantire
corsi di recupero a tutti in tutte le materie, quindi si deve sempre
tagliare, e questo diciamo sono le cose almeno per la nostra scuola.
Le scuole dove ci sono gli insegnanti tecnico-pratici, si hanno avuti
grandissimi problemi perché, avendo perso il posto alcuni, altri
vengono riconvertiti anche come personale ATA, quindi cambiando
proprio categoria e contratto di lavoro>>
Ecco
cosa dice la prof.ssa C., giovane precaria:
Prof
C. : << [Con l’aumento dell’orario] Succede che io tenderò
ad omologare il mio lavoro e non a individualizzarlo per la classe.
Altro problema: se io in classe ho dei ragazzi particolari, dei
ragazzi che hanno un carattere particolare che devono essere
stimolati in un determinato modo, devo comunque avere modo a casa di
dedicare dal tempo a pensare cosa fare per poterli coinvolgere e per
portare loro ad un determinato livello: il mio insegnamento non deve
essere diverso ma io devo portare tutti allo stesso livello; per fare
questo però mi devo preparare prima. Senza togliere il fatto che gli
insegnanti non è che, avendo la laurea e i corsi per la
specializzazione, hanno la scienza, comunque ogni volta si cambia la
lezione, perché se spiego Dante ai ragazzi di una classe affronterò
delle tematiche che magari emergono in quella classe che non saranno
le stesse problematiche che spiegando la stessa cosa di Dante in
un'altra classe. Per cui tutta quest’accanimento, il fatto che
venga così semplificato “sono solo sei ore”, non è vero che
sono sei ore. Sono sei ore di didattica frontale, ma alle sei ore
frantale poi ne corrispondono -dico un numero a caso- 12 di
preparazione a casa.>>
Insomma,
un grande problema per i precari, ma anche un grande problema per gli
insegnanti di ruolo. Sottolinea, infatti, la prof.ssa C.: << Va
a scadere la qualità dell’insegnamento e questo porta ad una
perdita di preparazione da parte nostra. Noi potremmo prepararci
anche ugualmente e già lo facciamo, però diventa difficile
soprattutto quando pensi che sono ore che nessuno ti riconosce dal
punto di vista della società, perché le persone pensano che noi
lavoriamo 18 ore e basta: quando diciamo loro che c’è tutto un
percorso da fare prima, non ci crede nessuno. Il lavoro chiamiamolo
intellettuale non viene considerato. Ci vorrebbero mandare tutti
quanti in fabbrica, l’opinione di tanti operai, della gente comune
rimane nella convinzione che noi ci lamentiamo per queste sei ore,
però non sanno cosa significa lavorare a scuola. Poi i ragazzi la
vedono bene che differenza c’è tra un insegnante che si prepara e
un insegnante che non lo fa, un insegnante che sta li perché ci
vuole stare e un insegnate perché sta lì perché non aveva di
meglio da scegliere. >>
Continua
la prof.ssa M., rispondendo ad una domanda più che lecita, del tipo
“Cosa fare?”
Prof.
M: <<In realtà da un governo di tecnici e di professori ci
saremmo aspettati un trattamento migliore per le risorse
intellettuali, per chi deve formare la nuova generazione. Questo in
assoluto è un problema nella scuola e in realtà invece proprio per
un discorso economico sembra che la linea sia quella tracciata dalla
riforma Gelmini. C’è una contraddizione nel aver bandito un
concorso a cattedre per sistemare i precari e poi aumentare l’orario
frontale di 24 ore che chiaramente andrebbe a diminuire i posti e a
tagliare i costi. Quindi diciamo che pare in seguito a delle
mobilitazione di quasi tutte le scuole d’Italia e il blocco di
tutte le attività aggiuntive: viaggi d’istruzione, coordinamenti e
certificazioni esterne di lingue e di informatica, il governo sta
facendo un passo indietro. Il problema è proprio il valore sociale
che viene dato agli insegnanti, questo è anche un po’ colpa
nostra, secondo me, perché non ci siamo mai voluti sottoporre a una
valutazione interna se non quella che c’ha permesso di cominciare
ad insegnare. Questo da una parte fa si che tutti abbiamo lo stesso
stipendio che non viene aumentato, chi lavora e chi non lavora viene
retribuito allo stesso identico modo. Nello stesso tempo le proposte
di valutazione interna delle scuole sono state un ò preoccupanti
perché non ci si è messi d’accordo su una modalità di
valutazione, cioè chi ci deve valutare gli alunni? Può essere
pericoloso, perché tu puoi mettere tutti 7 e allora i tuoi risultati
sono ottimi apparentemente, in realtà tu non lavori .. chi ci deve
valutare ?Il dirigente scolastico? Si, però chi controlla il
dirigente scolastico? Quindi sarebbe interessante creare un sistema
misto, come c’è in alcuni stati europei in cui le valutazioni sono
fatte in base ad un colloquio con i genitori, con il dirigente e con
ispettori esterni. C’è un probemA della figura sociale
dell’insegnante che dovrebbe essere una figura apprezzata proprio
perché si occupa di ragazzi che sono il futuro. Invece da anni noi
siamo quelli che si fanno tre mesi di vacanza e che lavorano solo 18
ore la mattina.Cosa che non è vera perché chiaramente se uno ha
delle prove scritte e deve fare un lezioni decorose deve anche
lavorare il pomeriggio. È che questo è un lavoro sommerso, e stiamo
cercando di trovare il modo di fare emergere tutto il lavoro che
molti di noi fa a casa. Ci saranno sicuramente ripercussioni se
aumenterà l’orario di lavoro perché già molti di noi sono
scoppiati perché è un lavoro faticoso lavorare con gli esseri
umani. Siamo chiamati a occuparci di tanti problemi in più oltre a
quello che è la didattica perché spesso ci troviamo difronte a
problemi familiari, a situazioni delicate, anche che molti di noi
affrontano anche avendo a che fare con dei ragazzi. Le 24ore in
classe, ben 6 ore in più sarebbero una grave di lavoro enorme anche
a casa che sicuramente farebbero scadere la qualità di lavoro,
perché stare in classe non è come lavorare davanti al computer.
Stiamo cercando di attivare delle poteste, anche se sembra che il
governo stia facendo marcia indietro su questo. Siccome è un
problema economico e il paese è in una grave crisi, io temo che
adesso fanno marcia indietro perché ci sono le elezioni quindi
abbiamo un peso nel voto, forte, però è ora che facciamo capire che
il nostro lavoro non è 18 ore la mattina e tre mesi di vacanza, ma è
molto altro. Parecchie scuole di Roma stanno attuando delle proteste…
Pare si stia muovendo, anche nel locale, qualcosa, comunque.>>
Curioso
notare che i nostri politici si ostinino a dire che tutte queste
manovre siano finalizzate al pareggiamento delle differenze fra
scuole italiane ed europee, senza tener conto che negli altri stati
le scuole sono nettamente differenti, non solo per quanto riguarda le
materie – l’Italia infatti è forse l’unico paese insieme alla
Grecia in cui s’insegni il Greco Antico-, ma anche come durata
delle lezioni - solitamente di 50 minuti, se non di meno- oltre al
fatto che, di media, le scuole che crollano in testa agli studenti
sono molto poche. E se effettivamente si volesse eliminare questo gap
fra l’Istruzione Italiana e quella Europea, bisognerebbe non
tagliare ma, al contrario, finanziare la Scuola. Ma ne vale veramente
la pena, perdere l’individualità solo per adattarci al sistema di
Stati che di certo non possono vantare eccellenze letterarie come
quelle italiane?
Viscontessa
e Chahut
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